È arrivato il momento: finalmente mi trovo a recensire "Il passato è una bestia feroce" di Massimo Polidoro. Che mi sia piaciuto credo sia palese, altrimenti, nonostante l'appartenenza alla Squadra di lancio del libro, non avrei profuso così tanto impegno nella sua promozione.
Certo, la stima personale o la simpatia nei confronti dell'autore giocano un ruolo importante alcune volte, ma non è questo il caso. "Il passato è una bestia feroce" è davvero un buon thriller, di quelli che non riesci a mollare, che ti sbirci una paginetta anche in ufficio perché vuoi andare avanti per sapere chi è il colpevole, di quelli che sobbalzi anche tu quando c'è un colpo di scena.
Iniziamo dal protagonista: Bruno Jordan me lo sono sempre immaginato fisicamente come Massimo Polidoro e per il resto un po' più Dylan Dog, ironico, un po' strafottente, decisamente affascinante ma un po' imbranato. Ovvero un miscuglio irresistibile, un uomo che, obiettivamente, farebbe capitolare molte donne. Manco a dirlo, sin dalle prime pagine, risulta infatti un discreto sciupafemmine. Andando avanti, però, se ne scopre sempre più un lato profondo e delicato, come se, tornando alle sue origini, nel suo paese di provincia, riuscisse a gettare la maschera di durezza che si era costruito per sopravvivere a Milano facendo il cronista di nera. Insomma, un personaggio dalle mille sfaccettature, accurato e psicologicamente molto complesso, a cui ci si affeziona e del quale spero di continuare a leggere le avventure (ci sarà il seguito, vero, vero, vero?!).
Anche tutti gli altri personaggi sono, in generale, ben caratterizzati, dotati di un certo spessore ed è facile empatizzare con loro. Un discorso a parte andrebbe fatto per Gip, il deus ex machina di Bruno, amico imprevedibile e multitasking, che, come rivela l'autore nei ringraziamenti, è modellato sul profilo di una persona realmente esistente (anche se, chiunque faccia parte di USIH o del CICAP o di un gruppo Steampunk capisce immediatamente di chi si parla!)
A parte i personaggi, ciò che coinvolge di più è il vissuto che sta dietro questo libro, sono anni e situazioni che l'autore deve avere attraversato e che devono essergli rimasti dentro; l'amarcord dei primi anni '80 nella provincia italiana è un po' il filo conduttore di tutta la storia. Sono ricordi, musiche e immagini che abbiamo quasi tutti nella memoria e che permettono di calarci completamente nell'atmosfera ricostruita ad arte da Polidoro.
Tutto quello che di cui ho parlato finora, fa di questo libro un buon romanzo. E non ne avevamo dubbio. D'altronde, di romanzi Polidoro ne ha scritti molti, non è certo un novellino. Sappiamo tutti che sa scrivere e pure bene; ma ora stiamo parlando di un thriller. C'è quel "quid" che lo fa avanzare di grado?
Io direi di sì. La trama gialla si dispiega da sola e scorre senza forzature, segno che dietro c'è un gran lavoro per avere una storia credibile e coerente, ma al tempo stesso intricata e piena di colpi di scena.
Si capisce subito il colpevole? No, o almeno io non l'avevo capito immediatamente. La maestrìa sta nel giusto dosaggio degli indizi, per cui arrivi ad intuirlo un attimo prima di Jordan, ma non troppo prima.
Ultima nota: da appassionata di Sherlock Holmes, ho particolarmente gradito che "Il passato è una bestia feroce" sia stato scritto in prima persona, mentre, per lo stesso gusto un po' retrò, avrei apprezzato un po' meno morti e spargimento di sangue.
Leggendo altre recensioni, vedo che qualcuno ha accostato lo stile di Polidoro a quello di S. King, qualcun altro a quello di S. Larsson. Ecco, decisamente qualcosa che richiama questi autori c'è, ma quello che fa spiccare questo libro è l'originalità che Massimo è riuscito ad esprimere, e quella è solo sua.
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